giovedì 18 maggio 2017

La comunicazione non verbale

Le parole sono accompagnate da altre forme di comunicazione (gesticoliamo, cambiamo espressione, sbuffiamo, ridiamo ecc.) tanto connesse che molto studiosi non accettano la distinzione tra linguaggio verbale e non verbale.

  • Primo gruppo: movimenti del corpo come gesti, espressioni del viso, postura.
  • Secondo gruppo: fenomeni paralinguali come il riso, lo sbadiglio, il pianto, il tono, le pause, i silenzi.
  • Anche le posizione nello spazio sono significative: una maggiore o minore distanza tra le persone che parlano. Questo comportamento spaziale è stato studiato dall'americano Edward T. Hall che ha individuato le distanze tra gli interlocutori in rapporto alle situazioni. 
  • Infine anche l'abbigliamento e il trucco comunicano qualcosa: una persona che si veste o si trucca in un modo appariscente probabilmente vuole essere al centro della scena.

Il linguaggio verbale



Il linguaggio verbale è una peculiarità della specie umana. 
Il linguaggio umano è appreso ed è in continua evoluzione: nel corso degli anni varia il linguaggio di ciascuno di noi. 
Esso può riferirsi ad oggetti astratti e assenti a differenza del linguaggio animale: un cane abbaia in presenza di un pericolo, ma gli uomini possono parlare anche di un pericolo futuro o passato. Tutto questo è reso possibile dalla capacità di astrazione in base alla quale gli uomini fanno uso di simboli e concetti.  
Le parole sono combinazioni di più suoni

fonemi sono le singole vocali e singole consonanti. I raggruppamenti di fonemi (da due a sei) costituiscono i morfemi che sono distinti in radici, prefissi e suffissi. 
Le parole sono raggruppamenti di fonemi e le frasi, a loro volta, riuniscono più parole in unità superiori dotate di significato. Una molteplicità di frasi costituisce un discorso.
La sequenza sonora delle parole rappresenta la struttura superficiale, il significato invece la struttura profonda.  


La struttura della comunicazione



A tutti i segni della comunicazione  (parlare, scrivere, leggere...) vengono attribuiti dei significati che possono essere condivisi da determinati gruppi.


Per comprendere gli elementi coinvolti nella comunicazione adottiamo il modello di Roman Jackobson
Secondo il modello di Jackobson un mittente (colui che invia le informazioni) trasmette un messaggio ad un destinatario/ricevente, utilizzando un codice (insieme di segni, una lingua, ma anche il sistema di colori di un semaforo), che deve essere condiviso da entrambe le parti. Il mittente codifica il messaggi (organizza le informazioni secondo le regole del codice che ha scelto: linguaggio, gesti, colori...). Il ricevente lo decodifica, ossia lo interpreta sulla base del medesimo codice. 
Il mittente e il destinatario sfruttano un canale (aria se si parla). 
Il messaggio riguarda sempre un determinato oggetto, il referente che è rivolto all'interno di un contesto. La comunicazione però talvolta può incorrere qualche ostacolo.

L'apprendimento del linguaggio

Occorre molto tempo perché il bambino arrivi a modulare correttamente i suoni e a selezionare quelli della lingua del paese in cui vive e la sua pronuncia non è un fatto innato o ereditato.
Fasi di sviluppo del linguaggio:

  1. Alla nascita il bambino è in grado di pronunciare due tipi di suoni: suoni vegetativi, come singhiozzi e starnuti, e suoni vocalici, come gemiti e gridi. Successivamente hanno inizio le vocalizzazioni, con le quali il bambino controlla il respiro in modo da produrre un certo movimento delle corde vocali.
  2. A 2 mesi emette il verso del tubare, ovvero suoni simili a consonanti.
  3. Intorno ai 5-6 mesi ha inizio la fase della lallazione, ovvero la ripetizione variata di più sillabe, come mamma (ma-ma) e papà (pa-pa) e probabilmente quando emette questi suoni si sta esercitando e non sta ancora chiamando i genitori. In seguito alle riposte dei genitori, assocerà quelle combinazioni di suoni alle due figure parentali e i suoni diventeranno parole.
  4. Tra i 12-18 mesi arriva alle prime parole ed è la fase del linguaggio olofrastico, costituito da parole singole che racchiudono un'intera frase.
  5. Tra i 18 e i 24 mesi il bambino arriva alle frasi binarie, costituite da due parole, come "bimbo nanna".
  6. Tra i 24 e i 30 mesi il bambino pronuncia frasi di tre parole senza connettivi chiamate frasi telegrafiche.
  7. Tra i 2 e i 6 anni ci sono dei progressi sia per il numero delle parole sia per l'uso delle regole grammaticali, quindi ha compiuto un grande percorso sia fonetico (suoni), sia morfologico (strutture sintattico-grammaticali), sia sematico (significato dei vocaboli).
L'apprendimento del linguaggio ha una fase critica che va dalla nascita agli 11 anni: se in questo periodo non vengono poste le basi del linguaggio, sarà impossibile imparare a parlare e può determinare un handicap non recuperabile.

lunedì 27 marzo 2017

Comunicazione e linguaggio

CHE COSA È LA "COMUNICAZIONE" E PERCHÈ SI COMUNICA
La comunicazione è uno scambio di messaggi. Gli esseri viventi comunicano con mezzi diversi: la voce, i gesti, la postura del corpo, i movimenti, ecc...
Comunicare è un attività fondamentale che ci garantisce l'adattamento all'ambiente, per segnalare un pericolo, indicare la presenza di cibo e così via.
Nella specie umana la comunicazione è particolarmente complessa.
Per gli esseri umani comunicare è un esigenza quotidiana che richiede competenze che ciascuno di noi sviluppa nel corso della vita.

domenica 12 marzo 2017

Le mappe cognitive e l'apprendimento latente di Tolman

Lo psicologo statunitense Edward Tolman ha rivisto le tesi di Watson e di Skinner , accogliendo influenze dalla Gestalt e dalla psicoanalisi. Tolman afferma che tra lo stimolo e la risposta agiscono nella nostra mente le variabili intermedie e possono essere cognitive o motivazionali. Egli valorizza il ruolo della soggettività e della mente e i concetti di coscienza: perciò parla di comportamento direzionale.
Il caso dei comportamenti esplorativi: un animale esplora un territorio in modo disinteressato e memorizza la collocazione delle fonti del cibo. Tolman ha svolto esperimenti nei cosiddetti labirinti di apprendimento , dove alcuni ratti erano liberi di esporre l'ambiente. Nel momento in cui è stato collocato il cibo in un punto del labirinto, i ratti l'hanno trovato facilmente. 
Attraverso le esplorazioni costruiamo le mappe cognitive, quello che Tolman chiama apprendimento latente: una raccolta di informazioni utili in futuro e pronte ad essere utilizzate. La posizione di Tolman è definita sia neocomportamentismo sia precognitivismo.

Il condizionamento operante di Skinner

I casi analizzati da Pavlov e Watson sono semplici riflessi e comportamenti rispondenti, con le quali non si apprendono nuove capacità. Lo psicologo statunitense Burrhus F. Skinner ha ripreso e organizzato in modo più complesso le teorie di Watson e di Pavlov proprio per capire come si acquistano nuove capacità. Egli si è occupato soprattutto dei comportamenti operanti che si basano su una sequenza ben definita di azioni, che dobbiamo imparare a svolgere nell'ordine corretto. Per capire come si strutturano questi comportamenti egli hai elaborato la Skinner box
  • All'interno dei una gabbietta un piccione o un ratto, abbassando casualmente una levetta ottengono il cibo. L'animale sarà così condizionato a premere di nuovo la levetta per poter mangiare: ma, in questo caso, l'operazione non sarà più casuale bensì consapevole.






Questa forma di apprendimento è chiamata apprendimento per rinforzo. Il comportamento giusto riceve un rinforzo positivo, ovvero il cibo. Il comportamento sbagliato viene "punito" con un rinforzo negativo, ossia la mancata somministrazione di cibo. La caduta del cibo rappresenta l'evento rinforzante; l'abbassamento intenzionale della levetta è chiamato operante rinforzato. Questo processo di condizionamento viene chiamato operante
Da questi esperimenti Skinner ha tratto la conclusione che il comportamento è il frutto di un modellamento operato dall'ambiente: anche quella di Skinner è dunque una forma di ambientalismo